Lo spunto per questo articolo mi è stato fornito direttamente dal direttore del DECS On. Bertoli a seguito di una sua affermazione fatta durante una serata pubblica sull’educazione a Minusio il 20.02.2019. In merito all’impiego dei soldi votati a favore dell’informatizzazione delle scuole medie, a seguito di una osservazione da parte di un presente in sala sul fatto che a San Gallo la maggior parte di questi denari viene investita nella formazione e aggiornamento del personale insegnante e non nell’hardware come invece previsto in Ticino, il Consigliere di Stato affermava che ci sono docenti poco inclini ad aggiornarsi in questo oramai insostituibile ambito, e quindi fosse giustificata la spesa per l’acquisto di materiale invece che l’investimento nella formazione.

Mi rattrista, ma non mi meraviglia il fatto che alcuni docenti siano refrattari all’aggiornamento professionale, anche perché ne troviamo di quelli refrattari alla condotta, refrattari alle regole del buon costume, refrattari alla neutralità politica in aula, refrattari alla comunicazione con colleghi e genitori, refrattari all’introduzione (o addirittura alla valutazione) di aggiornamenti del programma di insegnamento, e di conseguenza coerentemente a questi comportamenti inaccettabili, refrattari alla meritocrazia.

Il problema è la condotta

Le conseguenze di questi problemi di gestione del personale scolastico sono sotto gli occhi di tutti e toccano in primis gli studenti, il nostro futuro. Se vogliamo crescere dei cittadini consapevoli, motivati, competenti e pronti a difendere la qualità di vita a cui hanno portato i sacrifici dei nostri nonni e genitori, dobbiamo cambiare registro, e dobbiamo farlo con urgenza.

Per fare questo, è necessario un cambio dei vertici del DECS. Non è accettabile che il direttore non abbia sotto controllo la parte distruttiva del corpo docente. Non è accettabile che le riforme scolastiche proposte da persone che si ritengono competenti in materia, in realtà abbiano meno valore della carta da macero (si, carta, perché se parliamo di dati e informatica, probabilmente questi “esperti” se ne uscirebbero con i floppy disk di 30 anni fa). E’ un insulto a quella parte del corpo docente che ci mette anima e passione, oltre che professionalità. E’ un insulto ai cittadini, che si aspettano e hanno il diritto di ricevere per i loro figli un’educazione di prim’ordine.

Cambiamento urgente e necessario

Cambiare significa innanzitutto introdurre la meritocrazia a tutti i livelli, con valutazione delle competenze sia da parte dei superiori di linea gerarchica, ma anche da parte di studenti e genitori. Con tutte le conseguenze del caso, da corsi di recupero fino all’allontanamento dall’insegnamento per chi presenta valutazioni insufficienti.

Cambiare significa introdurre passerelle semplificate per professionisti che provengono dall’economia privata (ingegneri, avvocati, medici, lista non esaustiva) per poter insegnare nei loro ambiti di competenza o in quelli affini. Ovviamente questo significa anche rivedere profondamente l’attuale percorso di abilitazione, lungo, inutile, costoso e demotivante per chi è obbligato a prendervi parte.

Cambiare significa anche studiare nuove vie didattiche, ad esempio integrando la pratica delle lingue straniere, specialmente tedesco e inglese, all’interno di materie meno nozionistiche quali quelle creative.

Cambiare significa permettere l’integrazione a supporto dell’insegnamento anche di mamme di madrelingua diversa (tedesca, inglese, francese), pronte al reinserimento lavorativo e che in base alle loro competenze potrebbero perfettamente riprendere l’insegnamento ad esempio dell’educazione fisica nella loro lingua.

Integrazione economia reale – scuola

Insisto sull’importanza dell’integrazione di personale che proviene dall’economia reale, che permetterebbe di ricreare quel collegamento tra scuola ed economia che è sempre più necessario, perché andato perso. La scuola deve essere al servizio della società per fornire le competenze che permettono di vivere e lavorare dignitosamente. Se le esigenze dell’economia e gli obiettivi di insegnamento non collimano come accade oggi, non dobbiamo meravigliarci se i nostri giovani faticheranno sempre più a trovare lavoro, e di conseguenza finanziare le istituzioni sociali quali AVS/AI/IPG.

Per poter ridare dunque il significato primario della parola “refrattario” alla caratteristica chimico-fisica tipica del materiale resistente alle alte temperature, e non doverla più usare per descrivere il mal andazzo di certa parte del corpo docente e dei superiori di linea gerarchica che lo tollerano, vi invito di nuovo calorosamente ad apporre la crocetta sulla lista numero 5. Questo perché dobbiamo assolutamente riportare in mano competente il DECS, dato che la gestione in modalità “laissez faire” per certi versi,  e in modalità “dittatura” per certi altri, ha generato una situazione insostenibile per gli studenti, per le famiglie e per i docenti. #facciamolo

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2 Thoughts to “QUANDO REFRATTARIA LO E’ UNA PARTE DEL CORPO DOCENTE”

  1. Daniele Campoli

    Caro Igor, penso che gli argomenti che hai sollevato e le proposte che avanzi siano più appropriate nel settore della scuola professionale e meno o per nulla per L a scuola media. Un professionista gettato nella scuola media non so cosa potrebbe mai fare. Fin ora sono state avanzate mega proposte per cambiare qualitativamente la scuola ed è stata da sempre inascoltata quella degli insegnanti che sanno quello che dicono: ridurre il numero di allievi per classe. Come in altre discipline, avviene che si mettono in piedi mega strutture concettuali e di enti preposti per la progettazione e implementazione (forse questo è il vero interesse) quando ci sarebbero delle vere soluzioni a portata di mano!!

    1. Igor Canepa

      Caro Daniele, ti ringrazio per il tuo commento. In effetti la scuola professionale già si avvale della collaborazione di professionisti che provengono dall’economia privata, sia in posizioni a tempo parziale, che in posizioni a tempo pieno.
      Concordo con te sul fatto che gli insegnanti non siano stato dovutamente ascoltati, processo che dovrebbe essere quotidiana normalità in una struttura condotta correttamente. Sicuramente ridurre il numero di allievi per classe aumenta l’efficacia dell’insegnamento e può essere una valida soluzione parziale alla risoluzione dei problemi. Mi permetto di dissentire al tuo parere che personale proveniente dal privato non gioverebbe alla scuola media. in ogni caso deve essere introdotta la meritocrazia (non si può permettere a docenti che non raggiungono gli obiettivi di continuare a lavorare senza accorgimenti correttivi), e i programmi devono essere adattati per fornire le competenze adatte ai requisiti dei giorni nostri.

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